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01 – San Giuseppe nella storia della salvezza

Una questione di semplice coerenza

Sul principio “lex orandi lex credendi” non dovrebbero esserci dubbi.

Santa Famiglia, fiammingo, sec. XVII

José de Alcìbar, + 1803, Museo Nacional de Arte, Città di Messico

Ebbene, nelle preghiere che la Liturgia rivolge a san Giuseppe è chiaramente affermato che “nella pienezza dei tempi san Giuseppe cooperò al grande mistero della redenzione” e, inoltre, che Dio “ha voluto affidare gli inizi della nostra redenzione alla custodia di  san Giuseppe”.

Sembra poco?

Barocco andino, coll. privata

Barocco andino, coll. privata

Eppure è sotto gli occhi di tutti come la figura e la missione di san Giuseppe non interessino i programmi di Teologia, nella convinzione generale che san Giuseppe sia una figura marginale, come viene anche scritto: “La persona di Giuseppe non ha nessun rilievo nel racconto evangelico e quindi nessuna relazione con Gesù. Egli è fatto scomparire con fretta dalla scena, senza una chiara giustificazione”.

Francisco de Zurbaran, 1659, Museo delle Belle Arti, Budapest

Francisco de Zurbaran, 1659,                    Museo delle Belle Arti, Budapest

Poiché evidentemente le due posizioni non quadrano, è necessario che la Teologia presti più attenzione a una corretta interpretazione biblica, la quale sappia leggere nei “fatti” evangelici, che richiedono la presenza di san Giuseppe, quanto le “parole” da sole non dicono. Non è sufficiente ripetere che “i Vangeli non ci riferiscono neppure una sua parola”, per fare di san Giuseppe “l’uomo del silenzio”.

                Gloria di san Giuseppe,                                         Oratorio di san Giuseppe, Urbino

Sono “i fatti” che parlano per lui: “I Vangeli parlano esclusivamente di ciò che Giuseppe ‘fece’” (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Redemptoris Custos, n.25). Infatti, “San Giuseppe è stato chiamato da Dio a serviredirettamente la persona e la missione di Gesù mediante il servizio della sua paternità: proprio in tal modo egli coopera nella pienezza dei tempi al grande mistero della redenzione ed è veramente ‘ministro della salvezza’” (n. 8). Chi “serve” non ha bisogno di parlare. I racconti evangelici sono appunto la descrizione della prestazione fedele di un singolare  “servizio”, nel quale san Giuseppe si fa modello di “obbedienza”; i loro rispettivi Autori hanno ritenuto superflua ogni “parola” di spiegazione.

Cuzco

Matrimonio di Maria e Giuseppe, Scuola Cusco, Kenilworth, Illinois

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La vocazione di san Giuseppe

Murillo, 1660, Basilica di S. Sebastiano, Budapest

Murillo, 1660, Basilica di S.      Sebastiano, Budapest

Quale relazione ha avuto san Giuseppe con la persona di Gesù e soprattutto con la sua opera salvifica? A Giuseppe è dato, secondo l’economia della grazia di Dio per noi, di conoscere il mistero dell’incarnazione e di esserne «ministro»:

P.Dalle Ceste, Giuseppe, “Figlio di       Davide”, 1942, Santuario di San                          Giuseppe, Asti

–      è Giuseppe, che ha onorato con il titolo di «sposo di Maria» la sua divina maternità;

–      è lui, «figlio di Davide», che ha trasmesso a Gesù la discen­denza davidica, indispensabile per essere riconosciuto come «il Cristo»;

–       è  lui, che ha inserito Gesù tra i cittadini del mondo iscri­vendolo all’anagrafe di Betlemme in occasione del censimento di Augusto;

–   è  lui, che ha introdotto Gesù nel popolo dell’alleanza, provvedendo al rito della circoncisione;

–        è lui, che ha imposto al Verbo di Dio incarnato, su manda­to del Padre e con pieno diritto legale, il nome di Gesù, che lo designa come «Emanuele», ossia «Dio con noi»;

–     è lui, che lo ha presentato al Padre, compiendo l’offerta rituale del primogenito e partecipando alla successiva ratifica di tale offerta, fatta da Gesù dodicenne in occasione della sua permanenza nel tempio;

Il discendente di Davide, anonimo,                                      sec. XV

–        è lui, che ha protetto il Bambino e la madre nei viaggi del­l’esilio e nella vita di profugo in Egitto;

–        è lui, che lo ha introdotto nella «terra di Israele»;

–        è lui, che lo ha domiciliato a Nazaret, qualificandolo «Nazareno»;

–    è lui, che ha provveduto a mantenerlo, procurandogli cibo e vestito, e a crescerlo, come padre «nutrizio»;

–       è  lui, che gli ha insegnato un mestiere e gli ha dato la cate­goria di «figlio del falegname»;

–      è lui, che lo ha educato alla preghiera e alla conoscenza della vita e del mondo.

P. Dalle Ceste, Oblati di      San Giuseppe, Asti

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Giuseppe è stato «l’introduttore del Vangelo delle beatitudi­ni», secondo una felice definizione di Paolo VI (19 marzo 1968).

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Questo è Giuseppe, ovviamente una «insigne figura» nella testimonianza che di lui dà il Vangelo. Lo conferma Giovanni Paolo II: «Nel corso delle generazioni la Chiesa legge in modo sempre più attento e consapevole una tale testimonianza, quasi estraendo dal tesoro di questa insigne figura “cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52)» (RC, n. 17).

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vignetta san giuseppe

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Nonostante, san Giuseppe continua ad essere ignorato, collocato al di fuori del quadro “teologico”, come ben espresso scherzosamente  da Pino Pellegrino:

“Due sorelline stanno sfogliando il nuovo libro di religione, quando notano un dipinto della Vergine Maria con Gesù Bambino.

– Vedi, dice la più grande: questo è Gesù e questa è la sua mamma.

– E dov’è il papà?, chiede la più piccola.

La sorella ci pensa un momento e poi esclama: – Oh, lui scatta la foto!”.

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Cuzco, illinois

Ritrovamento di Gesù nel tempio, Scuola Cusco, Kenilworth, Illinois

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Una beatitudine «giuseppina»

Baltasar de Echave, + 1650

Baltasar de Echave, + 1650

Alla domanda che i discepoli fecero a Gesù sul motivo del suo parlare in parabole, egli aveva risposto citando Isaia: «A voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, agli altri invece non è dato… Beati i vostri occhi perché vedono e le vostre orecchie perché ascoltano. In verità vi dico che molti profeti e giusti hanno desiderato vedere quello che voi vedete, e non lo videro, e ascol­tare quello che voi ascoltate, e non l’udirono»  (Mt 13, 11-17).

Oblati di San Giuseppe, Asti

San Giuseppe non solo si trova tra i felici destinatari della bea­titudine pronunciata da Gesù; egli è il «giusto» al quale è stato dato, e in modo assolutamente privilegiato, di conoscere i misteri del Regno, di vedere e di ascoltare l’atteso delle genti e, unico, di sentirsi da lui chiamare con il nome di abbà, papà, lo stesso appellativo usato da Gesù con il Padre dei Cieli.  San Bernardo ci offre le espressioni più belle a questo riguardo: «Il Signore ha trovato Giuseppe secondo il suo cuore e gli ha confidato con piena sicurezza il più misterioso e sacro segreto del suo cuore. A lui ha svelato le oscurità e i segreti della sua sapienza, accordandogli di conoscere il mistero sconosciuto a tutti i principi di questo mondo. Ciò che numerosi re e pro­feti desiderarono vedere e non videro, fu concesso a lui, Giuseppe, che non solamente lo vide e lo udì, ma lo portò, lo guidò nei suoi passi, lo abbracciò, lo baciò, lo nutri e vegliò su di lui» (Homilia II super «Missus est» 2, 16: PL 183, 70).

Siamo qui di fronte ad un disegno divino, che pone la figu­ra di san Giuseppe nella sua vera luce riguardo a Gesù e alla Chiesa, assegnandogli nell’opera salvifica quella relazione cristocentrica, che giustifica ed esige nella Chiesa il pieno ricono­scimento e l’esaltazione della sua dignità.

Cf. T. STRAMARE, San Giuseppe nella storia della salvezza, Elle Di Ci, Torino 1993.

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L. Seitz, Cappella del Coro o Tedesca (1892-1902), Basilica di Loreto

L. Seitz, Cappella del Coro o Tedesca (1892-1902), Basilica di Loreto

 

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