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12 – San Giuseppe nel folclore

Carro votivo, San Marzano (Ta)

Carro votivo, San Marzano (Ta)

Rappresentazioni o misteri

Dobbiamo innanzi tutto ricordare le rappresentazioni sacre o misteri. Questo genere di spettacolo si sviluppò soprattutto dal secolo X, in relazione alla liturgia del Santo Natale, la quale si prestava con le sue sequenze, antifone, responsori e ricordi alla rappresentazione drammatica.

San Giuseppe "Nutritor", Ramenghi Bartolomeo (Bagnacavallo), 1524 c., Istituto delle Scienze, Bologna

San Giuseppe “Nutritor”, Ramenghi Bartolomeo (Bagnacavallo), 1524 c.,      Istituto delle Scienze, Bologna

San Giuseppe, interessato per le scene dell’Annunciazione, dei pastori e magi e  della fuga in Egitto, in generale era un personaggio muto, quasi una comparsa. Presto tali rappresentazioni non furono più eseguite in chiesa. Nel secolo XII esse vennero rese più vive per la combinazione dei profeti. Vengono aggiunti dei fatti tolti dagli apocrifi e san Giuseppe figura sempre come un vecchio con la barba.

Se gli apocrifi ebbero poca importanza in Italia e Spagna, non fu così per le rappresentazioni tenute in Germania, Francia e Inghilterra, soprattutto dal secolo XIII in poi, contribuendo a divulgare le leggende. Poiché il carattere religioso delle rappresentazioni sacre era andato perdendosi, esse erano divenute uno spettacolo profano senza più un controllo da parte ecclesiastica.

La figura di san Giuseppe non è più muta. In Francia egli, oltre che nelle scene dello sposalizio, entra in quelle della natività, dove su invito di Maria va a chiedere del fuoco all’albergatore, il quale pretende che egli lo prenda nel suo mantello; poiché questo non brucia, l’albergatore, intimorito, gli chiede scusa. Nella scena dei magi san Giuseppe è presente e li benedice. Queste rappresentazioni si protrassero in Francia fino al secolo XIX.

Melchior Perez Holguin, Lavoro domestico

Melchior Perez Holguin, +1732,                              Lavoro domestico

 

In Inghilterra, il racconto dello Pseudo Matteo ispira la storia della elezione di san Giuseppe, recitata, a forma di monologo, nella scena del dubbio; il santo è sempre rappresentato come un vecchio cadente, che prima di adattarsi a prendere con sé Maria fa molte difficoltà e brontolamenti. Lo vediamo accompagnare Maria da Elisabetta a salutare Zaccaria. Accusato con Maria (secondo lo Pseudo Matteo), deve subire la prova dell’acqua. Nella scena della nascita va a cercare la levatrice. Alla presentazione al tempio offre cera e soldi.

Mentre queste scene conservano altrove una certa serietà, in Germania assumono un tono umoristico, se non addirittura comico. La figura del Santo viene volentieri utilizzata per divertire il pubblico nella parte di un vecchio ridicolo, sempliciotto, piccolo, curvo, che tossisce sempre dopo ogni battuta. È semplicemente trattato come il buon servo della Madonna. Nella scena dello sposalizio egli oppone la difficoltà del voto di castità da lui fatto, ma è disposto a fare la volontà di Dio. Quando si accorge che Maria è diventata madre, piange. Allorché ricerca in Betlemme un alloggio, viene respinto come falso, perché nessuno vuole credere che la sua sposa sia vergine. Nella scena della natività è impacciato e incapace, pur mostrandosi comicamente premuroso, e deve procurare perciò una balia per la madre e il bambino. Si arriva perfino a un crudo realismo, che rasenta l’irriverenza, mostrandolo brillo e pronto a darsi forza in ogni occasione con del vino. La sua principale attività diventa, allora, quella di fare assaggiare il suo “buon vino” a tutti: pastori, levatrice, Maria e bambino. Nella fuga in Egitto vuole addirittura vendere il velo di Maria e il suo cappello per della birra, invitando ogni tanto gli spettatori a bere. Anche alla servente egli offre da bere come ricompensa per i servizi prestati. Lo vediamo, ancora, dondolare la culla del bambino e dirigere la ninnananna e le danze, invitando a parteciparvi i bambini e tutti i presenti.

È certamente difficile a questo punto sostenere che si tratti semplicemente di spirito umoristico; sembra, invece, che il confine dell’irriverenza sia stato notevolmente superato.

S. Giuseppe nelle sacre rappresentazioni italiane (sec. XIII-XV)

Lopicinus (+1147), Fuga in Egitto, Chiesa di S. Martino,  Zillis (Svizzera)

 

Espressioni particolari

Gerard Seghers, 1626-1633, Museo delle Belle Arti, Gent

Gerard Seghers, 1626-1633,
Museo delle Belle Arti, Gent

A. Ampe ha reso noto (1978) un documento inedito, conservato a Maastricht. Ne è autore Jan van Denemarken (ca 1500) e riguarda un’opera teatrale di 122 versi avente come argomento il fidanzamento di Maria e Giuseppe. Veniva rappresentata durante la processione solenne del 15 gennaio in occasione della festa liturgica dello sposalizio. Comprendeva cinque brevi scene: il dialogo al tempio tra il sommo sacerdote, Maria e Anna sull’avvenire matrimoniale di Maria; la elezione di san Giuseppe per mezzo del miracolo del bastone fiorito; l’annunciazione a Maria dopo 69 giorni; il dubbio di san Giuseppe tre mesi più tardi; sant’Anna che accoglie i novelli sposi a Nazaret.

Famosissima è la leggenda dal titolo San Giuseppe e il suo devoto; G.Tammi ne ha raccolte undici versioni: siciliana, napoletana, irpina, vigevanese, milanese, vicentina, senese, bresciana, friulana, spagnola, canadese. Allo stadio della documentazione odierna, la creazione della leggenda va attribuita al p. Giovanni Crisostomo da Termini Imerese, che la raccontò a Palermo nel 1775. Il predicatore popolare riprende e ricrea il vecchio tema delle “dispute medievali” con l’intenzione evidente di dimostrare la potenza e la bontà di san Giuseppe; intervengono tre personaggi: il peccatore, Dio giudice e san Giuseppe, che minaccia di vuotare il paradiso qualora il suo protetto non venga accolto. Di questa leggenda esistono due rielaborazioni poetiche: quella nel dialetto di Lanciano (Chieti) del prof. Cesare Faggiani, La divuziuna mé pé san Giuseppe e l’altra di Eduardo De Filippo in dialetto napoletano, inserita nel poemetto Vincenzo De Pretore (Napoli 1951).

Nota a Roma è la filastrocca di Checco Durante (1962), intitolata La preghiera a san Giuseppe, ma più conosciuta dal suo inizio San Giuseppe fritellaro, nella quale in alternanza tra Solo e Coro sono presentate a san Giuseppe le umili richieste della povera gente.

Assoro

Assoro

Ogni sette anni ad Assoro (Enna) viene recitato in piazza un dramma sacro: La fuga in Egitto. Il copione dello spettacolo, scritto in versi, è stato musicato dal can. La Porta ed è tratto sia dagli evangeli che dagli apocrifi. Il testo risale all’alto medioevo e fu rimaneggiato verso il 1850 da A. Archina.

Anche a Giuliana (Palermo) ancora negli anni ’50 si rappresentava l’episodio della fuga in Egitto. Il più antico manoscritto conosciuto risale al 1896 ed è intitolato: Opera di san Giuseppe. Un altro copione del 1901 porta il titolo: La fuga di san Giuseppe in Egitto e assalto dei briganti, Disma, Gisma e Compagni.

Da segnalare anche una cantata settecentesca di Binidittu Annuleru: Lu viaggiu dulurusu di Maria Santissima e lu patriarca S. Giuseppi in Betlemmi (Palermo 1740-1768, presso la Stamperia di la Divina Pruvidenza pri la Eredi d’Aiccardu); essa fa parte dei “Canzunetti siciliani di la città di Marruiali, divisi in 9 jorna, pri la novena di lu Santu Natali di Gesù Bambinu”.

Su iniziativa dei Fratelli di Santa Croce della provincia americana dell’Est, è stata presentata, nel 1984, a Flushing, nel quartiere Queens di New Jork, la commedia musicale Joseph and the amazing technicolor dreamcoat. I testi delle canzoni furono composti da Tim Rice e la musica da Andrew Lloyd Webber, autori degli spettacoli Jesus Christ Superstar, Evita e Cats.

J. Cruz,  Tempio della S. Famiglia,  Città di Messico

Tradizioni caratteristiche

Già nel secolo XV alcuni spettacoli natalizi comprendono la scena della ricerca dell’alloggio, nella quale Giuseppe e Maria, incinta, si trovano davanti ad un albergatore, che non apre loro la porta.

L’usanza dei tre personaggi che rappresentano la santa Famiglia e la sua coincidenza col periodo natalizio deve essere molto antica. San Vincenzo Ferreri († 1419) riferisce di un mercante di Valenza, che ogni anno, a Natale, a ricordo della santa Famiglia, invitava in casa sua un uomo vecchio e una donna con un bambino piccolo. Fu rivelato che, nel momento della sua morte, gli apparvero insieme la Vergine col Figlio e Giuseppe e gli dissero: “Poiché tu ci ricevesti in casa tua, noi riceveremo te in casa nostra”.

In Austria si diffuse l’uso delle nove sere, precedenti il Natale, che ricordano la ricerca dell’alloggio. Alla fine del secolo XIX, il Convento delle Serve di Maria di Monaco dà un particolare impulso al trasporto della Madonna; iniziando dal 16 dicembre, un’immagine o statua della Madonna viene portata ogni sera della novena da una casa all’altra. Nelle regioni dello Steiermark, dove san Giuseppe è patrono, si usava portare anche san Giuseppe. Il 59 per cento dei parroci cattolici viennesi curano questa occasione anche per favorire il contratto con gli ammalati e le persone sole. Tra il 1892 e il 1914 si diffonde in numerose edizioni il popolare testo Geistlicher Krippenbau.

Cottonello (Rieti), la notte di Natale due attori del paese impersonano Maria e Giuseppe e girano per le strade bussando a tutte le porte; non trovando alloggio, i due vanno in una grotta dove ci sono un bue e un asinello. A mezzanotte san Giuseppe e Maria portano il Bambinello in parrocchia e il sacerdote lo depone in una culla.

A ricordo della santa Famiglia, che fu costretta a raccomandarsi più di una volta alla carità dei buoni, il 19 marzo in alcune parti d’Italia il sentimento popolare esprime in qualche modo la propria solidarietà con la santa Famiglia attraverso un atto di cortesia.

In Sicilia è diffusa l’usanza del “banchetto” o “invito di san Giuseppe”, che consiste nell’invitare alla mensa delle famiglie più benestanti alcuni poveri, in rappresentanza della santa Famiglia. Il pranzo è servito dal padrone di casa o anche dal sacerdote, se il banchetto viene offerto in chiesa.

Tipica è la tradizione degli “Alloggiati” in uso a Marittimo (Trapani) per soddisfare un voto.

In alcune località si portano in chiesa i pani da benedire e poi consumare in famiglia o distribuire ai poveri secondo le “promissioni” fatte nel corso dell’anno per ottenere grazie.

Ancora in Sicilia “celebrare una festa di ringraziamento” si dice “fare un san Giuseppe”. Ragusa, Modica, Grammichele (Catania) e altri centri hanno continuamente un san Giuseppe vivente. Si cerca a tale scopo un povero vecchio, di buoni costumi, al quale viene concesso il diritto di ospitalità in ogni famiglia. Egli è tenuto ad ascoltare la S.Messa e a pregare per la prosperità del paese. Un tempo egli andava in giro vestito di tunica e mantello, con un tricorno in capo e una verga fiorita in mano, con la quale benediceva chi lo avesse desiderato; oggi è il padrino ufficiale dei battesimi.

San Giuseppe Jato (Palermo), coloro che devono soddisfare un voto preparano, con cibi e vini raccolti questuando dai vicini, delle grandiose cene chiamate in dialetto “virgineddi”, allestite secondo una ben precisa  “lista”: pasta con lenticchie e finocchietto di montagna, baccalà fritto oppure sarde, arance come frutta; tali cene vengono consumate da tre poverelli, vestiti nella foggia della santa Famiglia, e da quanti partecipano “per devozione” alla gioia del voto adempiuto.

Santa Croce Camerina (Ragusa) fa parte della “Tavola di san Giuseppe” uno splendido pane decorato con oggetti del mestiere del Santo e confezionato, in genere, da chi ha fatto in quell’anno un voto. San Giuseppe va in giro a ricevere questo pane, accompagnato da Gesù e Maria. Uguale usanza è a Scoglitti(Ragusa) e Borgetto (Palermo). A Mirabella Imbaccari (Catania) si preparano “gli altari di san Giuseppe”

Gela (Caltanissetta), in occasione del primo maggio (una volta ciò accadeva in occasione della festa del Patrocinio) i devoti di san Giuseppe sono soliti portare sopra un palco, eretto davanti alla chiesa, il cosiddetto “piatto di san Giuseppe”, consistente in un’offerta di generi alimentari da vendere all’asta; il “piatto di san Giuseppe” viene comperato e consumato per devozione, mentre il ricavato dall’asta è destinato a opere di beneficenza.

S. GIUSEPPE IN SICILIA – Altari, Cene, Tavolate

Riccia, nel Molise, si pratica la cosiddetta “devozione di san Giuseppe”, che consiste nell’invitare a pranzo tre persone, cioè una coppia di sposi e un giovane come rappresentanti di san Giuseppe, Maria e Gesù; in tale circostanza si serve uno speciale dolce, denominato “cavezone” (cialdone).

San Vero Milis (Oristano) è distribuita ai poveri una zuppa di ceci.

Nociglia (Lecce),  il 19 marzo nelle famiglie si usava imbandire una “mensa” per tre, cinque o sette persone, rappresentanti rispettivamente Gesù, la Madonna, san Giuseppe, sant’Anna, san Gioacchino, sant’Antonio e sant’Elisabetta. A tale “mensa” erano servite nove pietanze ben determinate, con esclusione del formaggio, delle uova e della carne.

Lucito (Campobasso) un analogo banchetto con tredici portate, esclusa la carne a motivo della quaresima, è offerto a tre poveri: un uomo, una donna e un bambino.

Ad Erchie (Brindisi) si svolge nella piazza principale, con inizio alle ore dodici, una manifestazione antichissima, la “Mattra”, che consiste in una serie di tavole imbandite appositamente per i più poveri e gli anziani. Tale usanza risale ai primi del Settecento, per opera della confraternita di San Nicola.

La “Mattra” era in uso anche a San Marzano di San Giuseppe (Taranto); lo è ancora a Guagnano (Lecce).

Bonn, nella diocesi di Colonia, al tempo dell’arcivescovo Giuseppe Clemente (1688-1723), nel giorno della festa dello Sposalizio di san Giuseppe i fedeli erano soliti fare delle offerte; si faceva anche una processione attraverso la città e, inoltre, tre poveri erano invitati a pranzo nel palazzo dell’arcivescovo.

Nelle Isole Filippine, a Iloilo, nella festa di san Giuseppe è offerto il pranzo a sette poveri, in onore dei sette dolori e allegrezze.

F. Solimena, Le due Trinità, 1725

Santa Domenica Talao (Cosenza), dove secondo il Sinassario Mediceo si celebra la festa del Transito di san Giuseppe il 20 luglio, sono caratteristiche le “cinte”, ossia fasci di candele decorati con nastri, festoni, fiori e palle, del peso anche fino a 40 kg, che le donne, per grazia ricevuta, portano in testa durante la processione, spesso a piedi nudi. È tradizionale anche la benedizione dei “pani di san Giuseppe”, un tempo destinati ai poveri.

Procida (Napoli)nella parrocchia di San Giuseppe alla Chiaiolella, il 23 gennaio, a ricordo dello Sposalizio di san Giuseppe, si benedicono dei confetti, che sono poi distribuiti tra i presenti e anche inviati ai lontani, specialmente ammalati.

Malolos, nella provincia di Bulacan (Isole Filippine), in occasione di ogni cerimonia nuziale, per ricordare e onorare l’unione santa degli Sposi di Nazaret si esegue, alla presenza di un tempietto portatile, una danza religiosa, chiamata “Panasahan”.

Gambareale, Quadri e Pizzoferrato (diocesi di Sulmona) si celebra la festa dello Sposalizio della Vergine e di san Giuseppe, seguita da un pranzo nuziale formato di solo pane, prosciutto e vino.

S. Domenica Talao (Cosenza)

San Cipriano Picentino (Salerno) si fanno partire da due diverse chiese la statua di san Giuseppe e quella della Madonna. Esse si incontrano nella piazza principale, con la particolarità che il 19 marzo la Madonna offre un mazzo di fiori a san Giuseppe, mentre l’8 dicembre tocca a san Giuseppe restituire il dono.

Giuliana (Palermo) si prepara l’artaru ’i san Giseppi, sul quale vengono messi in mostra i pani ’i san Gisepi, che raffigurano la mano, la barba e il bastone fiorito di san Giuseppe. Tra tutti è caratteristico ’u cucciddatu, un pane gigante di circa mezzo metro di diametro, a forma di ciambella. Dinanzi all’altare è collocata la tavola per il convito, ricca di pietanze per lo più a base di verdure. Ai convitati, denominati “Santi”, è distribuita la “cusuzza”, ossia il pane di san Giuseppe. Nel triduo della festa si celebra la festa del Bambino. A ricordo dello smarrimento di Gesù, una bella statuetta di Gesù è trasportata di casa in casa, dove riceve doni; al collo gli viene appeso un nastro con fiocco, denominato “scocca”. La terza sera, la statua è ricollocata accanto a quella di san Giuseppe nella chiesa del Carmine. Una rappresentazione popolare di origine medioevale, denominata “le Funzioni”, mescola l’episodio della fuga in Egitto con i racconti apocrifi.

Caltavuturo (Palermo) si preparano i “virginiaddi”, altarini con arance o piatti tradizionali, e la “sfinge” o “sfince” di san Giuseppe, pane dalle forme contorte; sono benedetti durante la processione di “andata” e di “ritorno” del Santo, tra la sua chiesa e la chiesa madre.

L’usanza della “mensa” o “tavola di san Giuseppe” vige anche a Sandonaci (Brindisi) e a Leonforte (Enna), dove la “tavolata” è chiamata in dialetto “artara”. A Termini Imerese (Palermo) si distribuisce, dopo la Messa, il pane di san Giuseppe; ugualmente a Bagheria.

FESTA DI S. GIUSEPPE A BIANCAVILLA (CATANIA)

Gangi (Palermo), dove ci sono due chiese dedicate a san Giuseppe, servite da due confraternite, in onore del Santo è offerto il pranzo ai poveri e bambini, anche a centinaia, usando cibi quaresimali (legumi, pesce, verdura). Il sacerdote benedice i cibi. Si cantano inni propri di san Giuseppe, come “Diu ti salvi, o san Giuseppi”. Nelle processioni, la statua di san Giuseppe, che dà la mano a Gesù adolescente, procede a lato di una statua di Maria, conservata e venerata in altra chiesa del paese.

Lizzano (Taranto) la sera del 18 marzo si preparano delle mense dette “tavolate” con i cibi più svariati. Davanti a un’immagine di san Giuseppe la gente recita le proprie devozioni e riceve pane o dolci riproducenti la forma di una mano o di un cuore, detti la mano o il cuore di san Giuseppe. Il giorno della festa, i cibi sono distribuiti ai vicini, ai poveri e agli istituti.

Anche a Faggiano (Taranto), dove san Giuseppe è patrono, si preparava un piatto di pasta denominato la “tumazza” di san Giuseppe.

“Straula”, Ribera (AG)

Canicattini Bagni (Siracusa), secondo una relazione della fine del secolo scorso, dodici devoti di san Giuseppe facevano celebrare ciascuno il 19 di ogni mese, in onore del Santo, il cosiddetto “riciannovi” (= diciannove). Il devoto faceva allora preparare delle ciambelle di pane, tre grosse e molte altre piccole. Collocatele in chiesa davanti alla statua di san Giuseppe, dette ciambelle venivano distribuite dopo la Messa cantata: le più grandi a tre poveretti, di solito un vecchio, una ragazza e un bambino; le altre agli amici, ai parenti e al clero. Al 19 marzo e alla prima domenica di settembre tutti, ricchi e poveri, portavano in dono a san Giuseppe generi alimentari di ogni tipo, che dopo la Messa solenne erano venduti all’incanto per pagare le spese della festa. Analoga tradizione a Balestrate (Palermo).

Anche a San Marco in Lamis (Foggia) il 23 gennaio si celebra il rito dello Sposalizio con le statue pavesate a festa e con l’usanza del lancio dei confetti, mentre il 19 marzo, all’ora del vespro, si accendono le “fanoie” vicino alla chiesa di san Giuseppe e nelle diverse vie del paese. Si tratta di grossi falò di legna, accatastata a forma di cono, che si lasciano bruciare fino a notte inoltrata. L’usanza delle “fanoie” vige anche a Monte Sant’Angelo (Foggia), dove la formula per la questua è: “Legna a san Giuseppe”.

Rocca San Casciano (Forlì), la ricorrenza di san Giuseppe cominciò a essere associata all’accensione del falò (el fugaréni) durante il Settecento, per la presenza dei Frati Minori Conventuali in paese; la direzione del vento sarebbe stata indicativa della riuscita, buona o no, dell’anno agricolo. L’accensione del falò è preannunciata dal suono delle campane, verso le otto di sera; i “tedofori” si recano nella parrocchiale per  la benedizione delle fiaccole. I falò misurano sei metri di circonferenza e otto metri di altezza.

Sermoneta (Latina), nei cinque borghi medioevali (Tornova, San Giuseppe, Castello, La Valle e la Portella) si accendono a gara enormi falò chiamati “faoni”; è premiato quello che brucia più a lungo.

Anche a Priverno (Latina) si accendono i “faoni” in tutti i quartieri della città; il falò è circondato da tavole imbandite.

La sera del 18 marzo si accendono “pire” anche nell’Albania Salentina a San Marzano, Lizzano, Faggiano, Monteparano, Statte, Roccaforzata e San Giorgio.

Sulmona, Rocca Pia ed in quasi tutti i centri della Valle Peligna, si usano accendere grandi fuochi alla vigilia della festa di san Giuseppe; analogamente a Gratteri e Cefalù (Palermo), come pure ad Altamura (Bari).

Fuochi vengono accesi a Procida (Napoli), ad Alberona (Foggia), nell’alto Vicentino e nel Molise.

Mentre la tradizione popolare dei fuochi è diffusa un po’ ovunque, più curiosa è quella dell’incendio delle barche in disuso, come presso i pescatori siciliani, e quella delle conocchie, a Itri.

Festa di S. Giuseppe, Chiesa di S. Lorenzo in                                   Fonte, Roma.

Alimento comune della “sagra di san Giuseppe”, celebrata in Italia, è la frittura, nota con il nome di “frittelle” a Roma e a Firenze, di “torte fritte” a Parma, di “frisceu” a Genova, di “zeppole” a Napoli, di “farseu” a Pavia, di “sfincie” a Palermo o ancora diversamente altrove.

Cascano di Sezza Aurunca (Caserta) si distribuisce una specie di pane, le “cucciatelle”, di minuscola forma circolare e si accendono falò. Si prepara anche una “menestrella” di fagioli e ceci condita con abbondante olio.

Roccantica (Rieti), ragazze in costume offrono i “frittelli”, fiori di cavolo fritti dorati, preparati in enormi padelle poste al centro della piazza; a Veroli (Frosinone), invece, si distribuiscono le “crespelle”, ciambelle fritte e spolverate di zucchero; a Lucca è tradizionale il “buccellato”, ciambelle dolci.

S. Giuseppe e il Bambino Gesù raffigurati con petali di fiori nell'infiorata a Gensano 2013

Giuseppe e il Bambino Gesù raffigurati con              petali di fiori nell’infiorata a Genzano, 2013

In occasione della festa di san Giuseppe si ricostruiscono, a Montecompatri (Roma), una decina di fraschette,  vecchie osterie di una volta con tanto di botte al fresco, di addobbi con fiori e foglie verdi; il programma prevede, oltre la possibilità di bere il genuino vino dei Castelli, anche la rassegna per la migliore fraschetta.

Sappiamo che la “Compagnia di San Giuseppe di Terra Santa” (Roma) organizzava annualmente, nella festa di san Giuseppe, una esposizione di quadri di argomento sacro.

Napoli, la festa di san Giuseppe era caratterizzata dalle violacciocche, dalla fiera dei giocattoli e da quella degli uccelli. Negli angoli delle vie i fiorai vendevano soprattutto le viole di san Giuseppe, che i fedeli offrivano come omaggio primaverile a san Giuseppe, sia in chiesa sia alla statua del Santo che ognuno aveva a casa. Nelle strade, da via Foria fino a Piazza Nicola Amore, in omaggio al Santo che era stato falegname, le bancarelle facevano sfoggio di giocattoli fabbricati in legno, mentre lo “zerre-zerre”, specie di nacchere formate da un’asticciola che reggeva una banderuola di stagno, diffondeva il suo tipico stridore. Infine, verso Porta Medina c’era la fiera degli uccelli, soprattutto canarini.

Ribera (Agrigento) è costruita in onore di san Giuseppe la “stragula”, ossia una torre di legno, ornata di alloro e di grosse ciambelle di pane.

LA FESTA DI S. GIUSEPPE A RIBERA, AGRIGENTO

Nella Scozia, san Giuseppe è patrono del tempo e la sua statua è spesso collocata fuori, a volte perfino coperta da un ombrello, sia per chiedere il bel tempo sia per indicargli che specie di tempo debba egli mandare.

Ramacca (Catania), dove il Santo è patrono, la sua statua è condotta nei campi in caso di siccità, invocandolo così: “Peppì Peppì, ’u ’viri ca l’oriu è siccu?”.

È usanza comune in Australia impetrare la pioggia, collocando all’aperto sotto un ombrello l’immagine di san Giuseppe.

Nello Stato di Ceará (Brasile), secondo una credenza popolare che data da più di un secolo, viene collegata alla festa di san Giuseppe la pioggia ansiosamente attesa. A onore del Santo si compiono processioni e si fanno fuochi di artificio. Anche eventuali furti di immagini di san Giuseppe sono messi in relazione alla concessione della pioggia: esse verrebbero sotterrate dai proprietari terrieri per essere liberati dalla temuta siccità.devozioni

In America è invalso l’uso di seppellire nel terreno una statua di san Giuseppe per facilitarne la vendita; lo stesso vale per una casa (“The home Selling saint”). La tradizione è molto antica (1515-1582) ed ebbe origine in Europa in un convento di Suore, le quali, volendo allargare il loro convento seppellirono una medaglia nel luogo desiderato.

San Juan Capistrano (California) si mantiene viva una tradizione plurisecolare, che fa coincidere proprio con il giorno di san Giuseppe il ritorno annuale dei passeri, nonostante lo scetticismo degli ornitologi su tale precisa coincidenza.

Scicli (Ragusa) un’antica tradizione include nei festeggiamenti in onore di san Giuseppe la “cavalcata”, che si effettua la vigilia della festa. A ricordo dei tanti viaggi che dovette affrontare san Giuseppe, i contadini ornano di un bel manto la loro cavalcatura e scortano san Giuseppe, che procede con un asinello tenendo in braccio il bambino Gesù. La processione è affiancata da numerosi falò e conclusa da una sfuriata di bestia e cavaliere in una specie di gara di velocità e destrezza.

LA CAVALCATA DI S. GIUSEPPE A SCICLI (RAGUSA)  (Vincenzo Giompaolo)

La “fuga in Egitto” è celebrata nella festa di san Giuseppe a Donnalucata (Ragusa) con la “cavalcata du san Giuseppe”, composta da cavalli, muli, asini e pony rivestiti di bardature floreali.

Löffingen (diocesi di Freiburg i. Br.) dal 1965 un gruppo di “omonimi di san Giuseppe” si ritrova fedelmente nel ristorante dell’”Albergo del pellegrino” per celebrare la festa del loro Santo con un fraterno convito.

In Francia nel 1985 una cooperativa vinicola si è posta sotto il patrocinio di san Giuseppe, costituendo la “Confraternita di San Giuseppe di Rochevine, Haut-Vivarais”.

In Alsazia il giorno di san Giuseppe (19 marzo) è ritenuto benefico. I matrimoni, almeno nel secolo scorso, soprattutto nel Basso-Reno, erano frequentemente celebrati in quella data. Ceppi incendiari servivano di presagio per i raccolti e la fecondità degli animali. Seguendo un uso venuto dal Tirolo austriaco, le ragazze da marito attraversarono il paese (Josefitrag) portando, oltre un ramo benedetto, anche una chiave e tre fuscellini di paglia, simbolo di Gesù, Maria e Giuseppe. Rientrate a casa, le ragazze preparavano una cottura di foglie di alloro, noci, miele e latte (Compote de Joseph), alla quale attribuivano virtù particolari.

Tutore ed esempio di castità, san Giuseppe è anche invocato per la protezione delle ragazze da marito, dalle quali è pregato con particolare fiducia per trovare un buon partito. Un modo assai noto di rispondere a tale preghiera è quello di una ragazza che, delusa nella sua preghiera al Santo, ne aveva gettata, indispettita la statua dalla finestra; udito un grido e accortasi di aver colpito un giovane, lo fasciò premurosamente e poi lo… sposò. San Giuseppe è pregato anche per trovare casa.

Si conoscono su san Giuseppe molte leggende e canzoni, che ne esaltano la potenza: il loro contenuto non è sempre perfettamente ortodosso, ma accettabile per l’ingenuità e buona intenzione.

Nelle Isole Filippine esiste un fiore tropicale, che porta il nome di “bastone di san Giuseppe”. In Sardegna un fiore è chiamato “giglio di san Giuseppe”. In Colombia, fra le colonne delle case coloniali erano sospesi dei cesti contenenti delle piante, una delle quali aveva il nome di “varitas de san José”.

Parrocchia S. Giuseppe – Ispica (Ragusa)

Altre iniziative

Ogni anno, in Italia, il 19 marzo è caratterizzato da una ormai tradizionale gara ciclistica: la “Milano-San Remo”; la stessa data è stata recentemente prescelta per la “festa del papà”.

Dopo l’alluvione che devastò Firenze nel 1966, l’allora sindaco Piero Bargellini stabilì, nel 1967, un riconoscimento dedicato a un artigiano fiorentino di particolare qualità, da consegnarsi in occasione della festa di san Giuseppe e denominato “Premio di San Giuseppe”. Con il passare del tempo altre categorie si sono affiancate a quella degli artigiani e ora il riconoscimento è attribuito a personalità tra le più significative delle arti, nel giornalismo, nella letteratura, nelle scienze, nello spettacolo e nello sport. Ai premiati è consegnata la cosiddetta “frittella” (il nome del dolce tipico della festa di san Giuseppe), che è una medaglia che ripropone la figura del Santo e che assume anche un rilevante valore artistico.

San Giuseppe, infine, è un personaggio ormai noto anche ai  filatelici. Se ne è interessato A. Trottier nei Cahiers de Joséphologie, dove a più riprese – nel 1969, nel 1974, nel 1979 e nel 1984 – ha curato uno specifico catalogo di francobolli indicandone lo Stato di provenienza e gli artisti. La collezione comprende, a tutto il 1983, oltre 1.300 francobolli, che rappresentano il ruolo di san Giuseppe nella storia della salvezza e testimoniano le diverse tappe dello sviluppo del suo culto. L’Isola di Malta è stato il solo Paese che nel 1970 ha emesso due francobolli per commemorare il centenario della proclamazione del Patrocinio universale di san Giuseppe.

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Segnaliamo un evento, considerato miracoloso, accaduto in California e attribuito a San Giuseppe:

Scala di San Giuseppe, Santa Fe, California

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